Con-domino

 

Mai come nella percezione dello spazio urbano siamo soggetti a infiniti richiami, sollecitazioni sensoriali, aggressioni percettive. Eppure, mai come nella situazione urbana le nostre sensazioni sono distratte, mediate, opacizzate da questa sovrappopolazione di segni. Sotto il fuoco di fila delle insegne e dei simboli che indicano solo se stessi, anche l’antico senso delle indicazioni storiche, anche la memoria temporale e significativa della città si degrada e oblia; così  le rovine archeologiche diventano mero pretesto turistico, e la toponomastica delle vie si traduce nell’anonima indicazione delle stazioni metropolitane.  Come in un’enciclopedia universale a dispense, nomi diversi non servono più a nient’altro che a dettagliare i nostri appuntamenti: vediamoci a Wagner, a Frua, a De Angeli, in Farini, a Monte di Pietà… ed è sotto la sbiadita ègida di queste insegne marmoree che vengono seppelliti, come sotto altrettante lastre tombali, il linguaggio e la vita quotidiana.

Il quotidiano diventa il luogo della percezione grigia, astratta, irrigidita; il suo colore emotivo somiglia a quello dello smog che respiriamo o a quello dell’asfalto che calpestiamo.  La Via delle Frasi Fatte è dunque una via che conosciamo tutti benissimo per averla percorsa più e più volte: è la strada media che non porta da nessuna parte ma permette di camminare, o meglio di accodarsi ad una interminabile fila.  Non è una via senza senso, è piuttosto un senso unico: è la via delle opinioni medie, della cultura né alta né bassa, della vita doxa, del giudizio auditel, dell’intercambiabilità assoluta di cose, persone, luoghi, parole, situazioni – è la vita che tutti condividiamo, perché a tutti capita di comprare un vestito, di avere difficoltà col lavoro o con i sentimenti, di divertirsi in vacanza.  Pur non portando a conclusioni catastrofiche, come accadeva ad esempio nel teatro dell’assurdo di Beckett o Ionesco, dove il non senso conduceva alla incomunicabilità, la Via delle Frasi Fatte  è Come un avvelenamento della mente, ossidazione invisibile che col tempo annerisce la vita e i pensieri.  Poiché, come diceva Spinosa, l’opinione – la doxa – appunto – è ciò che rende triste l’uomo e gli impedisce la gioia della conoscenza.

E allora? Allora si tratta di rendere visibile questa patina di sporcizia, restituire stupore allo sguardo, sollevare gli occhi e vedere i nostri discorsi vuoti incisi per sempre nel marmo delle vie, oppure abbassarsi e guardare l’asfalto come fosse un pezzetto del pavimento di casa. Ed anche, perché no?, giocare con le frasi fatte come con un dòmino urbano, linguistico e condominiale, per inventare un altro senso in questo senso unico.

 

Marco Senaldi.

 

 

Questo testo è stato pubblicato sul multiplo “Via delle Frasi Fatte”, 1992, realizzato da Francesco

Garbelli in occasione dell’installazione in Via Farini, a Milano e, in seguito, sulla rivista quadrimestrale “La balena bianca”, n° 6 , 1993.